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Torgiano e Ponte Nuovo: provincia di Perugia

Questa pagina è stata curata da Maria Pecugi Fop, nostra socia; la dottoressa Fop ha lavorato per 39 anni alla Biblioteca Augusta di Perugia, assumendo la direzione di fatto dal 1994 al 2000.

Molti suoi studi e lavori di ricerca storica sono editi a cura della Deputazione di Storia Patria dell'Umbria, di cui è membro emerito.

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Insediamento antico

Torgiano e Ponte Nuovo sono gemelli, edificati insieme fra il 1274 e il 1276, ambedue costruiti per ordine e a spese del potente Comune di Perugia.
Per Torgiano le date si riferiscono all'acquisto dei terreni e all'avvio delle opere di edilizia, la costruzione invece del ponte, affidata al monaco benedettino Fra Bevignate, di Cingoli, probabilmente si concluse verso la fine del secolo XIII (milleduecento); sicuramente e contestualmente dovette essere costruita anche una strada, di larghezza adeguata, dalla città all'imponente struttura in pietra.
Il paese che vi nacque ad una estremità presentò subito le caratteristiche, le quali fanno presumere che in quel sito esistesse già un insediamento abitativo, di una località di transito.
La collocazione ad un capo del ponte in pietra sul Tevere (primo dopo quello di Ponte San Giovanni e ultimo dei ponti in pietra prima di Narni) e lungo la strada che da secoli collegava (e collega) l'etrusca via Amerina con la Flaminia mediante un diverticolo stradale per Bettona e Bevagna, quindi punto di allaccio tra le due vie più importanti che collegavano Roma con le città dell'Est e del Nord. In un documento antico si cita che nel 1296, in località Pulzatone del ponte nuovo, sorgeva un ostello per albergare i pellegrini e i viandanti poveri di passaggio, e altrove si parla di una chiesetta dedicata a San Cristoforo, notoriamente protettore dei viaggiatori. (La chiesetta, divenuta covo di briganti, fu abbattuta nel '500, e fino a qualche anno fa esisteva un'edicola con l'immagine di detto santo.)

Via di comunicazione ...

Le due citazioni sono la testimonianza che la strada di Ponte Nuovo era trafficata. Narra lo studioso Lione Pascoli (1674-1739) che a Ponte Nuovo facevano capo tutti i mulattieri provenienti dai territori di Ferrara e Bologna, dalla Romagna, dallo Stato di Urbino e dalla Marca, in quanto il trasporto delle merci provenienti dal nord per Roma si effettuava via terra e a dorso di muli.
Dall'antichità romana fino alla seconda metà del secolo XV (circa 1470) il trasporto avveniva per via fluviale ma il luogo d'imbarco delle merci sui natanti di una certa portata era situato all'altezza di Ponte Nuovo, cioè subito dopo l'incontro del Tevere con il fiume Chiascio, che a quei tempi raddoppiava in quel punto la portata delle acque.
Verso il 1540-'42 il religioso umanista Agostino Steuco, di Gubbio, scrisse un opuscopo al Papa Paolo III, a nome delle città attraversate o lambite dal Tevere, contenente una supplica perché facesse ripristinare la navigabilità sul fiume, interrotta nella seconda metà del secolo precedente perché un terremoto (si presume) aveva fatto franare nel letto del Tevere grandi massi rocciosi precipitati dalle rive scoscese del Forello, la gola fra Todi e il Lago di Corbara.

...da prima del Medioevo

Per dimostrare che il ripristino era fattibile, lo stesso Steuco intraprese un viaggio di ricognizione in quel tratto ma, come scrive un anonimo contemporaneo, "il vescovo Steuco perse la barca e 'l credito della sua navale impresa".
Dopo di lui e a partire dal 1572-'85, si avvicendarono tecnici e dilettanti a dimostrare che la navigabilità era possibile o impossibile e la diatriba ebbe fine solo durante il governo francese del 1797-'98, data dell'ultima prova.
Nel 1624 l'ingegnere Cesare Gualtieri designò per la prima volta Ponte Nuovo quale capolinea di un eventuale percorso fluviale fino ad Orte, dove si sarebbe allacciato a quello già esistente da Orte a Roma. Nella sfilata di scienziati illustri e ignoti sognatori che si avvicendarono nei secoli, come nella ricca raccolta di relazioni, progetti, prospetti, disegni, piante, preventivi, ricognizioni da monte a valle e da valle a monte, il capolinea restò sempre Ponte Nuovo. A metà del '600 si costruì addirittura una barca di tali proporzioni che non riuscì nemmeno a staccarsi dal suo cantiere e marcì in mezzo al fiume. Quindi, se c'era un cantiere, non potevano mancare strutture di supporto come osterie, forni, officine, stalle, fienili, magazzini, alloggi a beneficio sia dei tecnici idraulici che dei mulattieri. Ai tempi nostri, ma molti decenni fa, gli ex giovani che allora nuotavano in un Tevere pulito, raccontano che presso la riva del fiume verso Deruta l'acqua era alta almeno cinque metri: quanto bastava per farci transitare le barche.

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